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Il sapore che scompare: come il clima sta riscrivendo il gusto dei cibi più amati

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Il gusto sta cambiando sotto i nostri occhi: le condizioni estreme minacciano querce, pascoli, vigneti e allevamenti. La qualità rischia di diventare un ricordo.

Nel sud-ovest della Spagna, tra le querce millenarie della Sierra de Aracena, il rumore dei maiali neri iberici che grufolano nel terreno si sta facendo più raro. Gli animali, cresciuti all’aperto secondo una tradizione secolare, sono destinati a diventare jamón ibérico Puro Bellota, uno dei prosciutti più celebri al mondo. Ma senza ghiande e erbe fresche, la carne perde parte del suo profilo sensoriale: meno colore, meno profumo, meno profondità. Un cambio quasi impercettibile al palato, ma che racconta molto di più.

A peggiorare le cose, una siccità che dura da cinque anni ha già ridotto drasticamente i raccolti. Le querce hanno bisogno di almeno tre decenni per iniziare a produrre ghiande in quantità, e il ciclo si è inceppato. L’alternativa – olio d’oliva, cereali o altri mangimi – non offre gli stessi risultati. La carne cambia, diventa più dura o più amara, e le caratteristiche distintive del marchio nero scompaiono. L’azienda Cinco Jotas, tra le più prestigiose, segue con preoccupazione gli effetti della crisi climatica.

Dai boschi spagnoli ai pascoli italiani: la qualità in bilico

Non è un caso isolato. In Italia, i primi studi sul formaggio Bettelmatt mostrano che il cambiamento delle fioriture nei pascoli alpini influisce su acidità, consistenza e sapidità. In Francia, si parla già di rivedere le regole sui formaggi DOP per adattarsi alle mutate condizioni di produzione.

Anche il mondo delle ostriche affronta problemi simili: in North Carolina, dove l’aumento della salinità nel fiume New River sta rendendo indistinguibili tra loro i due allevamenti della Hold Fast Oyster Co., il produttore Matt Schwab si interroga sul futuro. “Con l’acqua più salata, il profilo diventa più piatto,” spiega. Ma adattarsi richiede investimenti, attrezzature nuove, un ripensamento completo del sistema di produzione.

In Cina, il tè dello Yunnan, considerato di altissima qualità se raccolto prima dei monsoni, oggi cresce in condizioni che lo rendono più povero di aroma. I produttori che raccolgono nella stagione piovosa guadagnano fino al 50% in meno. Le foglie sono meno concentrate, meno profumate, meno richieste.

Il terroir come specchio del cambiamento climatico

Nel mondo del vino si chiama terroir, ma ormai riguarda tutto. Il terreno, l’umidità, la temperatura, la luce, i parassiti: ogni singolo fattore ambientale influisce sulla formazione del gusto. E quel gusto sta cambiando, lentamente, inesorabilmente.

Gli studiosi della University of California spiegano che il terroir va oltre le condizioni naturali. Riguarda anche i metodi sociali e manuali della produzione. Come accade a Cinco Jotas, dove ogni fase della stagionatura viene ancora gestita a mano. Ma senza materie prime di qualità, anche la cura artigianale rischia di non bastare più.

La ricerca sulla malattia fungina che attacca le querce è in corso dal 2014. Solo alcuni esemplari resistono. La speranza è che possano moltiplicarsi, garantendo ghiande anche in un ambiente più secco. Ma non esistono soluzioni rapide. In un sistema alimentare che dipende dalla stabilità naturale, ogni cambiamento richiede tempo. Troppo tempo.

Il futuro del gusto sembra destinato a frammentarsi. I nostri cibi preferiti sopravviveranno, forse, ma con un sapore diverso. E quando accadrà, non sarà per caso. Sarà scritto nel suolo, nell’aria, nell’acqua, nei cicli alterati che determinano tutto quello che finisce nel piatto.