Luca D’Alessio, figlio di Gigi, si sfoga a Le Iene: “Non erediti gli applausi, ma i pregiudizi sì”

Fonte IG @lucadalessio_real
LDA rompe il silenzio in prima serata e racconta cosa significa crescere portandosi dietro un cognome che pesa. Il monologo andato in onda su Italia 1 accende il dibattito sul talento, l’invidia e il sospetto di raccomandazione.
Sul palco de Le Iene, Luca D’Alessio si presenta da solo, in piedi, sotto i riflettori. Nessuna base musicale, nessuna canzone. Solo parole. Il figlio di Gigi D’Alessio, conosciuto artisticamente come LDA, ha scelto la tv per mettere a nudo il disagio di chi cresce sotto un cognome importante.
“Ho iniziato da piccolo, tra gli strumenti. È la mia lingua madre,” dice. Ma poi arriva la frase che spacca in due il monologo: “Nessun applauso si eredita.” E da lì, uno sfogo che è anche un appello. Ogni passo nel mondo della musica per lui è una doppia fatica. Ogni volta che sale su un palco non lo fa come Luca, ma come il “figlio di Gigi”, dice. E per molti questo basta per dubitare del suo merito.
La riflessione si allarga: “L’invidia sociale diventa più forte del merito”, dice. E nel tono con cui lo pronuncia c’è tutto il peso di una generazione che cerca spazi in un Paese dove spesso il successo altrui viene guardato storto, prima ancora che capito.
“Chi nasce da qualcuno è sempre colpevole di qualcosa”
Non parla solo di sé, Luca. Sottolinea che questo vale per tanti altri ragazzi e ragazze, in tanti settori diversi. “Chiunque segua le orme dei propri genitori è costretto a vivere con una presunzione di colpevolezza.” Un’espressione precisa, quasi giuridica. Eppure detta con tono semplice, quasi stanco.
Racconta la fatica di convivere con la convinzione altrui che sia tutto facile, tutto dovuto. Ma si domanda anche cosa sarebbe cambiato se avesse fatto un altro mestiere: “Mi avrebbero detto le stesse cose? Forse sì, forse no. Non lo so.” Quello che chiede, dice senza giri di parole, non è di essere amato. Solo di essere giudicato per ciò che fa, non per il cognome che ha.
C’è anche spazio per il dubbio. Non chiede di essere trattato diversamente, ma di essere guardato con occhi puliti, come chiunque abbia scelto un mestiere creativo e lo affronti con passione, studio, errori e tentativi.
Una generazione sotto accusa, tra social, sospetti e voglia di fare
Quello che emerge dal monologo non è solo una difesa personale, ma una fotografia. Il successo oggi viene spesso visto come un’ingiustizia, dice Luca, quasi a voce bassa. “Il confine tra nepotismo e continuità si confonde.” E in mezzo ci stanno quelli che tentano, provano, si mettono in gioco — e vengono giudicati prima di iniziare.
Il suo intervento arriva in un momento in cui il dibattito sul privilegio, sulle eredità sociali e sull’accesso alle opportunità è sempre più presente. Ma LDA non chiede sconti, non invoca favoritismi. Chiede solo di essere visto per quello che è, non per quello che rappresenta agli occhi degli altri.