Home » Notizie » Incendi boschivi invadono le aree intorno a gerusalemme, migliaia evacuati e tensioni in aumento in israele

Incendi boschivi invadono le aree intorno a gerusalemme, migliaia evacuati e tensioni in aumento in israele

Israele affronta incendi boschivi gravi vicino a Gerusalemme con evacuazioni di oltre settemila persone, sospetti di incendi dolosi legati a Hamas e tensioni politiche durante le commemorazioni del primo maggio.

Incendi_boschivi_invadono_le_a

Israele affronta gravi incendi boschivi nella regione centrale, con evacuazioni di migliaia di persone e sospetti di incendi dolosi legati a gruppi estremisti, mentre aumentano le tensioni politiche e militari nel paese. - Immaginario.tv

Israele si trova alle prese con una grave emergenza causata da incendi boschivi che si sono estesi rapidamente nelle zone centrali del paese, compreso il territorio vicino a Gerusalemme. Il fumo ha reso necessaria la chiusura di importanti arterie stradali, mentre le autorità stanno evacuando migliaia di persone. Le tensioni si intensificano anche sul piano politico e militare, con accuse di incendi dolosi e un quadro complesso di conflitti che coinvolge diverse comunità.

La situazione degli incendi e l’interruzione dell’autostrada 1

Nella giornata del 1° maggio, l’autostrada 1, principale collegamento tra Tel Aviv e Gerusalemme, è stata chiusa nei pressi di Latrun per il fumo denso e le fiamme che si sono propagate nella regione centrale di Israele. Il fumo ha invaso le corsie, rendendo impossibile il transito e costringendo le forze dell’ordine a bloccare il traffico. La presenza di condizioni meteorologiche avverse, con temperature molto elevate e un lungo periodo di siccità, ha facilitato l’espansione degli incendi su vaste aree boschive.

Il ministro della difesa Israele Katz ha proclamato lo stato di emergenza nazionale per permettere un intervento più rapido e coordinato tra l’esercito e i vigili del fuoco. Sono state evacuate intere comunità, soprattutto quelle a circa trenta chilometri da Gerusalemme. Le persone costrette a lasciare le loro abitazioni sono oltre settemila. Il premier Benjamin Netanyahu ha diffuso un allarme per il possibile peggioramento della situazione, spiegando che il vento, proveniente da ovest, potrebbe spingere le fiamme verso la periferia della capitale e all’interno della città.

Le autorità hanno richiesto aiuto a diversi paesi europei, tra cui Italia, Cipro, Grecia, Croazia e Bulgaria. Dall’Italia sono decollati due Canadair per supportare le operazioni di spegnimento. Il ministro degli esteri italiano, Antonio Tajani, ha invitato Tel Aviv a richiedere l’attivazione del meccanismo europeo di protezione civile per avere ulteriori risorse.

Sospetti di incendi dolosi legati a gruppi estremisti e le prime arresti

Mentre le squadre di soccorso facevano fronte alle fiamme, emergono indicazioni su possibili cause dolose che alimentano il disastro. In particolari, sui canali Telegram collegati ad Hamas e ad altre fazioni palestinesi sono apparsi messaggi che esortano a incendiare boschi, foreste e abitazioni. Il gruppo terrorista ha pubblicato inviti a «bruciare tutto», in riferimento a insediamenti e aree settentrionali di Gerusalemme.

Dalla Cisgiordania, il Jenin News Network ha lanciato appelli simili agli abitanti per sostenere azioni incendiarie contro le aree vicine agli insediamenti israeliani. Le autorità di sicurezza, comprese la polizia e lo Shin Bet, stanno conducendo indagini per identificare i responsabili. Già sono stati fermati tre soggetti nell’area di Gerusalemme con l’accusa di aver appiccato il fuoco volutamente. Questi arresti giungono in un momento delicato, in cui la sicurezza interna è al massimo livello a causa dell’escalation delle tensioni.

Le contestazioni politiche e gli episodi di tensione durante le commemorazioni

La giornata del primo maggio, dedicata anche al ricordo dei caduti nelle guerre, ha visto diverse manifestazioni politiche e sociali caratterizzate da forti contestazioni. A Tel Aviv, il ministro dell’agricoltura Avi Dichter è stato accolto da urla che ricordavano gli ostaggi ancora trattenuti a Gaza, accendendo un clima teso nelle celebrazioni ufficiali. A Ramle, la ministra della giustizia sociale May Golan è stata definita «traditrice» da alcuni dimostranti.

In un’altra città, Holon, durante il discorso della ministra dei trasporti Miri Regev, sono stati esposti cartelli con i nomi degli ostaggi, intensificando il fervore emotivo della vigilia. Nel frattempo, in Ra’anana, alcuni estremisti di destra hanno disturbato una cerimonia congiunta tra ebrei e palestinesi per commemorare i rispettivi caduti, lanciando pietre e petardi. Le forze dell’ordine hanno fermato tre persone in relazione a questo episodio.

Questi eventi riflettono la divisione profonda nella società israeliana e nei territori circostanti, pur mentre continuano le celebrazioni pacifiche a Giaffa e Beit Jala, dove palestinesi e familiari delle vittime di attacchi del 7 ottobre si ritrovano insieme in memoria.

Il bilancio delle vittime nei conflitti e gli sviluppi militari recenti in siria

Il ministero della salute di Hamas ha segnalato che, dall’inizio del mese di marzo, le ostilità hanno causato più di duemilatrecento morti e quasi seimila feriti nella Striscia di Gaza. Solo nelle ultime 24 ore si registrerebbe la morte di 38 persone, secondo le loro fonti.

Parallelamente, l’esercito israeliano ha condotto un raid in Siria, colpendo un gruppo estremista vicino a Damasco che stava preparando un attacco contro la popolazione drusa della città di Sahnaya. Netanyahu ha indicato che questo attacco intendeva lanciare un segnale al regime siriano per impedire danni alle comunità druse, che sono presenti anche in Israele e Libano.

Proteste dei drusi e appelli durante la giornata dei caduti

Nel nord di Israele, decine di dimostranti drusi hanno bloccato l’autostrada 85 tra Acri e Karmiel per esprimere la propria solidarietà alle comunità druse colpite in Siria. Il leader spirituale druso, sceicco Muafek Tarif, ha chiesto al governo israeliano di evitare ulteriori massacri contro i drusi siriani. Questo intervento assume particolare rilievo, poiché la comunità drusa mantiene tradizionalmente fedeltà allo stato di Israele ed è rappresentata anche dalle numerose reclute nell’esercito, con una lunga storia di sacrifici in conflitti come quello attuale a Gaza.