Home » Notizie » Condanna a 18 anni e 8 mesi per il 17enne che uccise santo romano durante una lite per scarpe sporche
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La corte minorile di Napoli ha condannato a 18 anni e 8 mesi un ragazzo di 17 anni per l’omicidio di Santo Romano, 19 anni, avvenuto a San Sebastiano al Vesuvio dopo una lite per un paio di scarpe sporche, scatenando forte indignazione tra familiari e comunità. - Immaginario.tv

La corte per i minorenni di Napoli condanna a 18 anni e 8 mesi un ragazzo di 17 anni per l’omicidio di Santo Romano, scatenando indignazione tra familiari e comunità a San Sebastiano al Vesuvio.

La corte per i minorenni di Napoli ha emesso una sentenza di 18 anni e 8 mesi contro un ragazzo di 17 anni, responsabile dell’omicidio di Santo Romano, 19 anni, avvenuto nella notte tra l’1 e il 2 novembre 2024 a San Sebastiano al Vesuvio. Un litigio scoppiato per un paio di scarpe sporche è sfociato in tragedia. La sentenza ha scatenato forte indignazione tra parenti e amici della vittima, presenti davanti al tribunale.

La dinamica e il processo del caso santo romano

L’episodio risale alla notte tra il primo e il 2 novembre 2024. Una lite nata per un motivo apparentemente banale, un paio di scarpe sporcate, ha portato allo scontro fatale in cui Santo Romano ha perso la vita. L’imputato, un ragazzo minorenne di 17 anni, è stato accusato di omicidio. Il procedimento giudiziario si è svolto con rito abbreviato davanti al tribunale per i minorennni di Napoli. Il pubblico ministero, Ettore La Ragione, aveva chiesto una pena di 17 anni.

Il giudice Lucarelli ha poi deciso di infliggere una condanna più severa: 18 anni e 8 mesi di reclusione. La scelta del rito abbreviato ha comportato uno sconto di pena, ma la condanna resta significativa per un minorenne. Durante l’udienza, nonostante la natura circoscritta del processo, l’emozione era palpabile, visto il clamore suscitato dal grave episodio e dalla giovane età degli attori coinvolti.

La reazione di familiari e amici alla sentenza

La sentenza ha scatenato un acceso malumore tra parenti e amici della vittima. Fuori dal tribunale di Napoli, la mamma di Santo, Filomena Di Mare, ha esposto parole dure contro la giustizia. Ha detto che tutto questo dimostra un fallimento, e che la sentenza non fermerà altri minorenni dal compiere azioni violente. La rabbia dei presenti si è manifestata con urla e proteste, con espressioni forti contro il sistema giudiziario.

Anche Mariarca Vaccaro, zia di Santo, ha definito la situazione un fallimento sociale, sottolineando come l’insicurezza e la violenza nelle strade minaccino chiunque, spesso senza soluzione. Altri presenti hanno espresso la loro frustrazione per la decisione, commentando come la pena non darà un vero senso di giustizia né darà tregua alle famiglie colpite.

L’appello di simona capone, fidanzata di santo romano

Tra i presenti al tribunale c’era anche Simona Capone, fidanzata di Santo, che ha lanciato un appello rivolto a tutta la comunità e alle istituzioni. Ha espresso il dolore per la perdita e la consapevolezza del rischio che corrono chi esce, soprattutto i giovani. Simona ha sottolineato che non basta condannare formalmente, serve una pena che faccia comprendere appieno la gravità del gesto, per evitare che simili tragedie si ripetano.

Ha poi spiegato di aver compreso fin dall’inizio che la pena sarebbe stata ridotta per il rito abbreviato, ma si aspettava una condanna vicina al limite massimo. Ha inoltre detto che la famiglia continuerà a lottare per la memoria di Santo e per ottenere maggiore attenzione sul fenomeno della violenza giovanile. Il sostegno reciproco tra chi ha vissuto situazioni simili sembra essere una delle poche consolazioni in questo dramma.

Il peso sociale della vicenda e le ripercussioni sul territorio

Il caso dell’omicidio di Santo Romano riflette una realtà in cui la violenza tra giovani si manifesta per questioni apparentemente piccole, ma con conseguenze irreparabili. San Sebastiano al Vesuvio, teatro della tragedia, si trova al centro di questa problematica che coinvolge la sicurezza e la convivenza civile nel territorio campano.

La forte reazione della comunità alle sentenze e ai processi parla di una domanda di giustizia che va oltre la punizione ufficiale. I familiari chiedono un impegno concreto per tutelare i più giovani e per evitare che episodi simili si ripetano. L’attenzione mediatica ha rilanciato temi come la prevenzione della violenza, l’educazione al rispetto e l’importanza di strumenti giudiziari capaci di incidere davvero sulla situazione.

All’interno delle famiglie e dei gruppi sociali si avverte il bisogno di risposte efficaci, che superino i limiti delle condanne standard. L’evento inoltre si inserisce in un contesto più ampio che vede diverse realtà italiane confrontarsi con casi analoghi, con richieste di interventi a livello istituzionale e comunitario.